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La Settimana Sovversiva

Ho trascorso il weekend facendo una delle cose che più mi fanno stare bene: scrivere musica con un amico e un’amica. Ci siamo chiusǝ in un locale per due giorni a provare e a rifinire i pezzi del nostro primo disco, ormai quasi pronto. Se vi incuriosisce, sarà una band punk/metal/cyber, con me al Game Boy (che interpreta il ruolo di batterista e bassista), Federico alla chitarra ed Emily alla voce. Se volete sentire qualcosa di energico, ho caricato su Peertube una piccola anteprima.

Oggi, però, non voglio parlarvi tanto della band, quanto della gioia di creare e della sua nemesi, il blocco dello scrittore. O dell’artista, della musicista... insomma, quel blocco per il quale una cosa che amavi fare sembra non riuscirti più.

Negli ultimi anni ho fatto molte cose, per carità, ma ho scritto relativamente poca musica. Quando ho iniziato a comporre su Game Boy sfornavo un brano dietro l’altro, senza nemmeno pensarci. Poi, a un certo punto, è diventato più faticoso, e ogni giorno quel non riuscire a creare come prima diventava più pesante, come un processo in background che mi diceva che avevo perso la scintilla. Il blocco, almeno nel mio caso, ha coinvolto la musica e anche tutto ciò che riguarda la scrittura di libri e articoli. Cos’è successo?

La reazione immediata è stata pensare che la colpa fosse mia. Forse la forza distruttiva dei vent’anni si affievolisce coi trenta, per poi estinguersi definitivamente a quaranta. Abbiamo l’occasione di fare qualcosa di significativo da giovanissimǝ, poi possiamo solo accontentarci di essere consumatori che guardano con ammirazione o invidia chi invece riesce a produrre.

Ecco, non è così. Quello è il pensiero che ci colpevolizza, che privatizza il nostro dolore e ci fa pensare che il problema, in fondo, siamo noi. Si tirano fuori concetti sopravvalutati come il genio e il talento e si conclude che noi non ne siamo dotatǝ. Chi fa arte, quindi, è un unicorno magico e trascendentale che ha qualcosa che a noi manca. Che odiosa bugia.

L’anno scorso, come forse vi ho già raccontato, ho mollato alcuni clienti del mio lavoro da traduttore, per ritagliarmi più tempo per progetti come Zona Warpa e Tele Kenobit. L’ho fatto in parte perché sentivo che era il momento di farlo, in parte perché l’Intelligenza Artificiale ha devastato il settore, avviando un irreversibile processo di svalutazione del mio lavoro. Avere più tempo per me ha istantaneamente riacceso la fiammella della creatività. Idee che mi erano rimaste incastrate nella testa per anni hanno iniziato a uscire, a prendere forma, e nel farlo mi hanno reso più sereno. Anche perché, praticando un po’ di sano nudismo emotivo, posso dirvi che quel blocco faceva sì che avessi proprio paura di contattare il mio lato creativo.

Mi ha fatto capire che il motivo per cui non riuscivo a creare era la stanchezza. Sì, è possibile attivarsi dopo cena, nel “tempo libero”, ma spesso e volentieri ci arriviamo svuotatǝ dalle fatiche del lavoro, e creare richiede energie mentali e spirituali. Tra l’altro, nell’era del feudalesimo digitale, le dinamiche del lavoro inquinano persino le nostre passioni. Sono felice di tutte le cose che ho fatto con il canale di Twitch, ma è innegabile come la piattaforma abbia imposto orari e scadenze a quello che prima era semplicemente un hobby che condividevo con gli amici. La corsa ai numeri ti fa credere che devi per forza stare su Instagram, che devi fare promozione e seguire tutte le best practice per emergere sulla folla. Anche quello è un lavoro, ed è forse il più odioso, perché colonizza ciò che amiamo fare.

Con l’inizio di quest’anno, quando ho deciso di lanciarmi nell’assalto alle piattaforme, ho rinunciato ad altri clienti e il destino ha fatto sì che i pochi rimasti fallissero, lasciandomi sostanzialmente a piedi, con a disposizione il 100% del mio tempo. Lo dico sempre e lo sottolineo anche oggi: sono un privilegiato, perché ho la fortuna di avere una carriera musicale che funziona (pur entro i limiti dell’underground) e una famiglia alle spalle che, pur non essendo ricca, mi dà una rete di sicurezza. Il nonno Tino mi diceva sempre che sono “nato con la camicia.” Ho avuto il lusso infinito di fare un salto nel buio.

Ecco, la prima cosa che ho notato è che potermi dedicare interamente alla creatività, senza relegarla ai ritagli, mi ha fatto ritrovare tutto ciò che credevo di aver perso con la gioventù. Dall’inizio dell’anno ho fatto uscire due dischi, ne sto scrivendo un altro e sto finalmente facendo progressi col libro. A toglierci la creatività non è un fantomatico blocco dello scrittore o una nostra mancanza, bensì un sistema che ci spreme per estrarre valore tangibile e monetizzabile. E invece l’arte, come diceva Ursula LeGuin, è spesso in contrasto con gli scopi del profitto.

Vorrei un mondo dove per essere creativǝ non dobbiamo nascere con la camicia, né rischiare la nostra salute. Il problema non è il blocco dello scrittore, bensì il non poter disporre realmente del nostro tempo.

Che l’atto sovversivo di questa settimana possa essere la clemenza verso le nostre creatività, anche quando ci sembra che non ci siano più. Se vi va, rispondete al Piccione Viaggiatore e raccontatemi le vostre esperienze, o magari mostratemi le cose che fate. Insomma, come sempre, accorciamo le distanze.

Buona Settimana Sovversiva!
Kenobit


EVENTI IN ARRIVO

7 giugno - Piacenza, Spazio 2 - Un richiamino di Zona Warpa, con una giornata di talk, workshop e concerti (tra cui miei e di Chipzel!).

8 giugno - Montelupo Fiorentino, Ottobit Artlab - Concerto con Chipzel, dall’Irlanda. Lei per me è la regina del Game Boy, oltre a essere una persona fantastica.

13 giugno - Bologna, BolognaFiere - Double feature! Sarò ospite del WMF2024 (We Make Future) con un talk sul Fediverso, insieme a mio fratello Ed (admin di Livello Segreto nonché alleato di mille battaglie digitali). Farò anche una piccola esibizione con il Game Boy sul main stage.

La Settimana Sovversiva
illustrazioni di Gianluca Folì