Ciao! Nelle due settimane passate non mi sono fatto sentire, un po’ perché ero in giro per concerti, un po’ perché la combo influenza/tosse mi ha ridotto a icona per poi riavviarmi in modalità provvisoria. La cosa bella della Settimana Sovversiva è che, anche se ogni lunedì non vedo l’ora di scriverla, so che quando non ho energie non devo fare salti mortali per riuscirci lo stesso. So che mi aspettate e che qui siamo fuori dal clima di performance obbligatoria che si respira sui social commerciali. Grazie. <3
Quando parlo di profitto, me ne rendo conto, sono un disco rotto. Guardo le cose che non funzionano in questo mondo e seguendo il filo che le collega trovo sempre lui: il bisogno di guadagnare, di creare introiti, di ottenere vantaggi a scapito di terzi.
“Eh, ma se non ci fosse il profitto come incentivo nessuno farebbe niente!” “Se non ci fosse lo stimolo del profitto, chi farebbe i lavori più brutti e faticosi?"
Reazioni come queste sono le più comuni, davanti ai discorsi che mettono in dubbio il migliore dei mondi possibili. Sento spesso ragionamenti simili e ogni volta mi sembra di vedere i prigionieri che difendono i loro secondini, in un faticoso atto di contorsionismo mentale. Del resto è quello che ci insegnano sin dall'infanzia. "Sarebbe bello se vivessimo nel mondo degli unicorni, ma la vita a volte è ingiusta e le cose funzionano così, che ti piaccia o no!"
Ecco, io sono emigrato nel mondo degli unicorni. O, se non altro, ho deciso di comportarmi come se vivessi lì, nel tentativo di carpirne le usanze e importarle nella nostra quotidianità.
Come sempre, quando si parla di denaro, è importante fare delle precisazioni. Odiare il sistema del profitto non vuol dire che non esista e sia possibile ignorarlo. I soldi mi fanno schifo, certo, ma finché non cambierà il mondo ne avrò bisogno per arrivare a fine mese. Dire che non servono è classista, oltre che falso. Il 99% della popolazione è costretto a sgobbare e a sacrificare il suo tempo per racimolare qualche spicciolo, in quello che a me sembra sempre più un ricatto. Possiamo però immaginare un futuro, anzi, un presente, in cui mettere in pratica l'alternativa: l'arricchimento collettivo anziché quello personale.
Qualche settimana fa, senza lo stimolo del profitto, ho scritto una piccola fanzine intitolata "INSTAGRAM È UNA GABBIA". Ho investito il mio tempo per scriverla e impaginarla, ma ho deciso di liberarla. Nell'ultima pagina ho scritto: "Questo è un testo libero. Usalo, copialo, remixalo. Facci ciò che vuoi." Ho usato una licenza copyleft, codificata da Creative Commons, che dice che il mio lavoro può essere copiato, distribuito, modificato, volendo persino venduto senza chiedermi il permesso, con una condizione cruciale: se hai usato il mio testo libero, allora anche la tua opera dovrà essere libera, e quindi rilasciata con la stessa licenza. Così facendo, andrà ad alimentare lo stesso sistema virtuoso, in cui le cose che facciamo non sono chiuse in un recinto e possono crescere e diffondersi. Invece di arricchire me stesso, arricchisco la comunità, pur nel mio piccolo. E io faccio parte della comunità, quindi in ultima analisi arricchisco anche me stesso! A livello simbolico, liberare le nostre opere è un modo per dire che siamo stanchi di competere e che è molto più rilassante unire le forze.
E a livello pratico? Con buona pace di chi liquida il desiderio di libertà come un capriccio idealistico, questa inversione di paradigma funziona, concretamente, anche senza scomodare gli unicorni.
Nel giro di pochi giorni, la mia zine ha iniziato a fare il giro dello stivale, grazie a chi ha deciso di fotocopiarla per seminarla in giro, tra i banchi delle scuole e i sedili delle metropolitane. Poi è arrivata una mail di Valentina Barreca, che si è proposta di tradurla in inglese, con l'obiettivo di farla girare in una facoltà con un'alta percentuale di studenti provenienti dall'estero. Abbiamo pubblicato sul Fediverso la versione inglese, e prontamente si sono fatte avanti persone per tradurla in spagnolo. Diamine, ancor prima che riuscissi a impaginare una traduzione che ho ricevuto dall'Uruguay, un collettivo argentino (sudoAmerica) me ne ha inviato un'altra versione, già pronta da stampare.
Quando ho scritto questa zine non l'ho fatto per il profitto personale. Allo stesso modo, tutte le persone che hanno collaborato al progetto l'hanno fatto spontaneamente, per il piacere di fare qualcosa di buono e utile, nel quale vedono un significato che trascende le nostre vite da ufficio. Nessuno ha pagato nessuno, ma soprattutto nessuno ha sfruttato nessuno. Se mi fossi mosso col metodo tradizionale, non avrei mai avuto il tempo per commissionare delle traduzioni, le risorse per pagarle e le energie per distribuire fuori dalla mia solita sfera. Così, invece, le mie idee stanno girando e mi stanno facendo conoscere nuove persone che condividono i miei ideali.
Dobbiamo ancora fare i conti con un mondo regolato dai soldi, certo, ma possiamo già da oggi iniziare a ragionare in modo diverso. Possiamo scegliere di interagire secondo i valori del mondo che desideriamo, e sono convinto che farlo sia rivoluzionario, perché dimostra che le alternative non sono solo fattibili, ma anche desiderabili. Credere veramente nel cambiamento è il primo passo.
Come pensiero sovversivo di questa settimana, vi propongo un esperimento mentale. Immaginate un mondo in cui abbiamo risorse sufficienti per dare a chiunque un tetto e cibo sufficiente a sopravvivere dignitosamente...
Ma è una domanda a trabocchetto, perché questo mondo ce l'abbiamo già. Immaginate invece un mondo in cui abbiamo organizzato la distribuzione delle risorse in modo che tuttx abbiano ciò che serve per vivere serenamente. In questo mondo, abbiamo smesso di produrre ciò che non serve e di fare i lavori inutili (tema sul quale si potrebbero scrivere interi libri, come in effetti ha fatto David Graeber, parlando di "bullshit jobs"). In questo mondo tuttx lavorano, di tanto in tanto facendo anche qualcosa di faticoso o poco desiderabile, ma per poche ore alla settimana. Cosa fareste se aveste 6 giorni a settimana interamente liberi e la garanzia di avere cibo e sostentamento per voi e per i vostri cari? Cosa fareste, se non aveste lo stimolo, anzi, il BISOGNO del profitto? Cosa fareste se poteste disporre del vostro tempo e non ci fosse la necessità di trasformare le vostre passioni in introiti?
Se vi va, scrivetemelo in risposta a questa mail. Stareste a guardare il soffitto tutto il giorno o condividereste col mondo quella cosa speciale e unica che avete dentro di voi? Mi immagino un'esplosione di sapere e condivisione, ed è un bel pensiero per affrontare il lunedì.
Buona Settimana Sovversiva!
Kenobit
p.s. Se volete leggere le mie fanzine, le trovate qui. Se invece volete stamparle, ecco un video dove spiego come si piegano!
Annuncio! Da questa settimana, fino a esaurimento scorte, nella Settimana Sovversiva troverete anche un fumetto della serie "The Vegans", di Lorenzo Florissi, anche noto come OSC.
Dopo aver collaborato con lui per un flyer bellissimo, mi innamorai della delicatezza di questa sua miniserie. I suoi vegani vengono da Vega e sono semplicemente fatti così. Oltre che una fonte di gioia, furono per me anche un cruciale spunto di riflessione. Pensai: voglio quello che hanno loro! O, se non altro, voglio quella leggerezza.
Buona lettura!
23 novembre - Roma, Galleria delle Arti - Sono felicissimo di tornare a Roma, per giunta per un evento organizzato da D Editore, casa che ha pubblicato uno dei libri che più hanno cambiato il mio modo di vedere il mondo (Cronofagia!). Ci troviamo in via Sabelli 2. La regia mi dice che è un posto bellissimo!
Per oggi è tutto!
Buona Settimana Sovversiva,
Kenobit