Nella Settimana Sovversiva vi parlo delle cose che mi stanno a cuore, lasciandomi ispirare da ciò che mi succede o che vedo nel mondo. Nel farlo, inevitabilmente, anzi intenzionalmente, tocco temi politici. Del resto, ora più che mai, tutto è politico, e anche chi fa finta che non sia così, ironicamente, fa una scelta politica. Detto questo, non vi ho mai parlato di partiti, né ho inseguito le notizie di attualità, perché sono convinto che le riflessioni più potenti emergano dalla vita e non dai titoli dei giornali. Oggi farò un'eccezione.
Il 4 aprile, con un colpo di mano che ha un amaro retrogusto di Novecento, il governo ha fatto passare il decreto "Sicurezza", sfruttando lo strumento del decreto-legge. In virtù di un'emergenza non supportata né dai numeri, né dai fatti, fa entrare in vigore con validità immediata una serie di provvedimenti repressivi che impattano sul nostro diritto di protestare, organizzarci e lottare. È un giro di vite contro chi chiede diritti e salari adeguati, chi si oppone alla guerra, chi sta nelle carceri, e in generale contro chiunque, anche senza atti radicali, sta cercando di fare qualcosa per innescare del cambiamento. Non è questa la sede per spiegare tutte le sfumature di questo DL, motivo per cui vi consiglio questo post, che contiene un ottimo riassunto (pensate, la situazione è così grave che sono disposto a linkarvi Instagram!). Non credo nell'allarmismo, ma mai come ora dobbiamo prestare attenzione a ciò che sta succedendo.
Non ci stiamo arrabbiando abbastanza. Questa volta non abbiamo il lusso di abbandonarci all'inerzia e lasciare che altrx si occupino del problema. Dobbiamo parlarne per capire come influenzerà le nostre vite e, soprattutto, cosa comporta per il futuro immediato e remoto.
I social commerciali ci vogliono tuttologi, pronti a commentare il tema caldo del giorno per mendicare qualche like, anche a costo di dire banalità e diluire il rapporto tra segnale e rumore di fondo. Per questo vi parlerò solo di ciò che effettivamente so, concentrandomi su un singolo punto tra i tanti del decreto, che tocca un tema del quale mi occupo da anni, anche in queste mail: la libertà digitale e il suo rapporto con la privacy. Lascio tutto il resto a chi ha più competenze di me.
Chronocol riassume così l'articolo 1 del decreto:
Se sei un attivista, un ricercatore, un giornalista o semplicemente una persona politicamente consapevole, e nel tuo computer, nel tuo archivio o nella tua libreria hai salvato un documento, una guida, un testo o un manuale che qualcuno potrebbe ritenere collegato a pratiche di sabotaggio, difesa o conflitto (anche se non hai mai fatto nulla di violento), potrai essere condannato fino a 6 anni di carcere solo per il possesso di quel materiale, anche se non hai mai agito, anche se non lo hai mai diffuso, anche se lo stai solo studiando per fini accademici o politici. Basta che quel contenuto sia interpretabile come “idoneo alla violenza con finalità di terrorismo”, anche senza una definizione chiara di cosa questo significhi.
Come sempre, il cuore della repressione sta nella vaghezza dei concetti, e quindi nella possibilità di applicarli in maniera arbitraria. La definizione di cosa conti come materiale sovversivo è secondaria, perché la vera notizia è che le forze dell'ordine, se decidessero per qualsiasi motivo di ficcare il naso nei nostri affari, avranno una leva in più per farci passare dei guai. Magari non verranno mai da voi, ma potrebbero, e questo decreto fa in modo che possano farlo con tutta la violenza del nostro sistema penale. Se avete prestato attenzione negli ultimi anni, sapete che non serve essere dei pericolosi terroristi per finire nel mirino. E anche se non siete attivistx e non partecipate mai alle manifestazioni, magari perché le fatiche e gli impegni della vita non vi lasciano energie per farlo, scommetto che se mi state leggendo l'attuale status quo non vi piace, e che capiate la gravità di queste norme che cercano di impedire a chiunque di metterlo in discussione.
Provo a fare la mia parte offrendovi un'analisi su ciò che comporta il decreto dal punto di vista informatico. Qualche tempo fa è stato arrestato Pavel Durov, fondatore di Telegram. In seguito al suo rilascio, le condizioni d'uso della piattaforma sono state aggiornate per specificare che, in presenza di una richiesta formale da parte di uno Stato, Telegram fornirà i dati dell'utente. Affinché la richiesta sia valida, è sufficiente che lo Stato sospetti il suo coinvolgimento in attività criminali. In un periodo in cui lx ragazzx che manifestano contro il cambiamento climatico sono equiparatx ai terroristi, è estremamente pericoloso.
Telegram è stato l'ultimo servizio a mettersi in riga. META e Google hanno già in più occasione ceduto i nostri dati personali agli Stati che li hanno chiesti. Per esempio, nel 2022, negli Stati Uniti, una madre che ha aiutato la figlia ad abortire è stata incriminata dopo che l'azienda di Zuckerberg ha consegnato le sue chat private agli investigatori. Ci sono molti casi come questi, e chissà quanti ce ne sono di cui non sappiamo, magari legati a servizi meno famosi e sotto la lente dell'attenzione pubblica. Non dimentichiamo anche il recente caso di Paragon, lo spyware israeliano che il nostro governo ha utilizzato in segreto per monitorare gli account WhatsApp di attiviste e giornalisti. Nel mentre, l'Unione Europea sta attivamente remando contro la cifratura end-to-end, ossia la tecnologia che ci permette di parlarci senza che terzi ci ascoltino.
Le nostre chat private su WhatsApp e Telegram sono riservate fino a che chi eroga il servizio non subisce pressioni dallo Stato di turno. Chissà quante cose contengono che possono essere interpretate come pericolose per l'incolumità pubblica, se esaminate con il preciso intento di incriminare.
Allo stesso modo, visto che si parla di possesso di materiali e della loro diffusione "con qualsiasi mezzo, anche per via telematica" (cito dall'articolo 1 del DDL, che volendo trovate qua, dobbiamo pensare anche alla Cloud. Esattamente come Telegram e META possono dare accesso alle vostre chat, Google e Apple possono fornire alle forze dell'ordine i vostri dati sulla Cloud.
E i motori di ricerca? Siete sicure di non aver mai cercato su Google qualcosa di compromettente, anche solo per studio o curiosità? Sareste a vostro agio se finissero nelle mani di chi sta cercando di mandarvi in galera?
Sento già l'obiezione: "Io non faccio niente, non vado alle manifestazioni, sto sempre a casa, non ho nulla da nascondere." D'istinto mi verrebbe da chiedere "Perché? Ti va tutto bene così?", ma poi mi ricordo che c'è gente in difficoltà, affaticata dalla vita, che ha a malapena il tempo di sopravvivere. Lo capisco. Pur incoraggiando il coinvolgimento e l'attivismo, non credo che sia giusto puntare il dito su chi in questo momento non fa niente. Detto questo, la privacy non si occupa delle cose che abbiamo da nascondere, bensì del diritto che abbiamo alla dignità e alla riservatezza. Di questo ho parlato diffusamente nel mio libretto, nel capitolo "La privacy è la porta del bagno".
La privacy è un bene collettivo, letteralmente. Nell'era dei big data, se io difendo la mia privacy ma le persone intorno a me non lo fanno, i miei sforzi sono meno efficaci. Se tante persone vicine e lontane iniziano a farlo, invece, i loro sforzi si amplificano. Difendere la vostra privacy, anche se non avete nulla di compromettente nelle vostre vite, vuol dire proteggere anche quella di tutti gli altri, inclusi quelli che protestano e sfidano lo status quo. Fare caso alla privacy è un atto di cura, verso noi stesse e verso la nostra comunità, e la cura è fondamentale, sia per il nostro benessere, sia per la nostra capacità di organizzarci, aiutarci e dire no alle ingiustizie.
Quindi cosa facciamo?
Possiamo intraprendere un percorso di libertà digitale, che ci affranchi dal rapporto di dipendenza che abbiamo con Google, META, Microsoft, Apple, Amazon, TikTok e affini. Potrebbe sembrarvi una battaglia gigante, perché lo è, ma nulla vi obbliga a stravolgere la vostra vita e a combatterne tutte le battaglie contemporaneamente. Ogni pixel di libertà che vi riprendete giova alla collettività e ogni piccola abitudine che cambiate, pur sembrando invisibile, ha un effetto concreto, su di voi e su chi vi circonda. Possiamo partire da piccoli passi, prima di correre. Iniziate da dove volete!
Vi offro un piccolo menù di cosucce che potete cambiare per unirvi alla lotta per la privacy digitale:
Smettere di usare il motore di ricerca di Google (nonché Bing, Yahoo, etc.) è facile. Grazie a SearXNG potete anonimizzare le vostre richieste e impedire a Google di raccogliere dati sul vostro conto. Ci sono tante istanze pubbliche di SearXNG, tra cui la mia, clippy.kenobit.it. Usatela, se vi va! Offro io!
Per non usare Telegram e WhatsApp possiamo utilizzare XMPP, un protocollo decentralizzato che permette a chiunque di hostare un server e di curare con precisione la cifratura. Potete appoggiarvi all'eccellente comunità di xmpp.it, oppure potete usare il mio server: cazzinostri.kenobit.it. Se volete più info, scrivetemi pure in privato. Nota bene: nulla vi obbliga a disinstallare WhatsApp da un giorno all'altro, ma potete iniziare a portare le vostre persone care su un servizio più rispettoso della loro dignità.
Per la Cloud potete provare Nextcloud, che poi è quello che uso io per condividere con voi le cose che scrivo. Per questo dovreste mettere su un vostro server, ma se volete io e i miei amici saremmo felici di aiutarvi. Gli affitti mensili di un server sono bassissimi e con una sola macchina potreste avere spazio di archiviazione online per voi, la famiglia e il giro di amicizie.
Se invece siete persone attive politicamente, questi atti di difesa della privacy non sono più opzionali. È il momento di fare caso ai servizi che usate, perché spesso fanno parte delle realtà che state cercando di mettere in discussione. Se avete bisogno di consigli o di un aiuto concreto per il vostro collettivo, scrivetemi e sarò dei vostri. Se volete, possiamo anche organizzare dei piccoli workshop.
Possiamo combattere insieme la battaglia per la privacy, qualunque sia la forma della nostra vita. Sarà un atto di cura verso noi stessi e verso la collettività. E, di questi tempi, se non è sovversivo questo, non so proprio cosa lo sia!
Buona Settimana Sovversiva!
Kenobit
Sono tornato da Gioia Tauro, quindi le trasmissioni mattutine di Tele Kenobit ricominciano. Stasera, lunedì, non sono previsti stream, ma domani, martedì, ci sarà un'altra puntata di Jonathan Dimensione AESTHETICA del Dottor Pira e Michele Sala.
11 aprile - Ottagono, Codroipo - Ci sarà il Synthimi fuART e i suonerò i miei Game Boy.
19 aprile - Ascoli Piceno (info in arrivo)
26 aprile - Beatnik, Campobasso - Combo chiacchiere e poi concerto!
27 aprile - Bari (info in arrivo)
Zona Warpa:
17 maggio, MACERATA, Sisma
21-22 giugno, TORINO, CSOA Gabrio
4-5 luglio, ROMA, CSOA Forte Prenestino
20-21 settembre, MILANO, Cascina Occupata Torchiera
Buona Settimana Sovversiva! Come sempre, se volete rompere il muro della socialità online, potete scrivermi a kenobit@protonmail.com!