Settimana scorsa Mark Zuckerberg ha indossato un Rolex da 850.000 euro e ha annunciato un cambiamento radicale alle politiche sui contenuti di Facebook e Instagram, le sue piattaforme social. Seguendo l’esempio di Elon Musk su Twitter/X, si libererà dei fact checker che aveva assunto per tamponare la disinformazione e cambierà le regole inerenti alla moderazione, strizzando l’occhio alla recente ondata di destra xenofoba.
Avrei voluto scriverne qualche giorno fa, per sottolineare la problematicità su Instagram, ma poi ho pensato che me la sarei presa comoda e avrei fatto un discorso più strutturato qui. Del resto, le dinamiche algoritmiche di Instagram ci spingono a trattare il tema del giorno, il trend del momento, destinato a essere storia antica il giorno successivo. Nel farlo, ci impediscono di ragionare con calma e ci spingono a fare discorsi di pancia. Ecco, il mio atto sovversivo di questa settimana è pensare secondo i miei ritmi, non quelli imposti da uno squallido social network. Ci sono delle sfumature importanti sulle quali dobbiamo riflettere. Partiamo dai dati.
Zuckerberg ha detto: “(...) ci libereremo di una serie di regole su temi come l’immigrazione e il genere, ormai non più in sintonia con il sentire comune” e “lavoreremo con il presidente Trump per lottare contro i governi del mondo che stanno prendendo di mira le aziende americane e chiedono un inasprimento della censura.”
I social ci hanno abituato ad accettare riassunti fatti da terzi, ma vi consiglio di guardare in prima persona la natura di questi cambiamenti. La trovate qua, sul sito ufficiale di Meta. Cliccando a sinistra su “8 gen 2025” potete vedere chiaramente cosa è stato aggiunto o rimosso.
Per farla breve, Zuckerberg ha tarato le nuove linee guida sui discorsi che fa vostro zio salviniano e ubriaco alla cena di Natale. Tornano i bei tempi in cui possiamo dire che le donne sono oggetti, che i gay sono anormali, o volendo anche dei malati mentali, ma anche che gli immigrati puzzano e portano malattie. Wow! E tutto nel nome della “libertà di espressione”, quel “free speech” evocato così tanto a vanvera da aver perso il suo significato. Non a caso, Zuckerberg è un figlio della cultura statunitense e ama riempirsi la bocca con la parola libertà, senza realmente conoscerne il significato. Questa non è libertà, ma individualismo. È la libertà intesa nella sua concezione più infantile, quella del “faccio quello che voglio”. Personalmente, credo nella libertà come bene collettivo: se tu e io siamo in una stanza e io ti offendo con violenza, magari facendo leva su ciò che sei e non puoi cambiare, non sto esercitando la mia libertà, ma sto violando la tua. E se tu non sei liberx di esistere in quella stanza senza sentirti in pericolo, allora non sono libero nemmeno io. Un certo Bakunin lo scrisse meglio di me:
Io non sono veramente libero se non quando tutti gli esseri umani che mi circondano, uomini e donne, sono liberi allo stesso modo… di modo che, quanto più numerosi sono gli uomini liberi che mi stanno intorno e quanto più profonda e più vasta è la loro libertà, e quanto è più estesa, tanto più profonda e più grande è la mia libertà. Michail Bakunin, Dio e lo Stato, 1882
Ricordiamo che Mark Zuckerberg, l’uomo che prima di Facebook ha creato un sito per valutare quanto fossero appetibili sessualmente le sue compagne di corso all’università, è convinto di essere un novello Cesare Ottaviano Augusto. Avete presente quel taglio di capelli da statua romana che ha portato per anni, prima di rilanciare la sua immagine al grido di “Ehi, guardatemi, sono anch’io un essere umano come voi”? Era ispirato a quello. Sapete come ha chiamato le sue tre figlie? Maxima, August e Aurelia. Mi verrebbe da dire cringe, ma visto che il nostro imperatore social è ossessionato dall’antica Roma, userò un’espressione più latineggiante e dirò mi provoca imbarazzo vicario. Zuckerberg si sta comportando esattamente come un autocrate, capace di decidere delle sorti di circa tre miliardi di utenti, ovviamente secondo gli interessi della sua azienda. Non so voi, ma non sono interessato alla Pax Romana che ci sta proponendo.
Siamo noi a dare potere agli oligarchi del feudalesimo digitale. Mai c’è stato un momento più importante in cui ragionare sulle nostre scelte. Vogliamo essere sudditi di Mark Zuckerberg?
Facebook e Instagram ci fanno male, come ironicamente dimostrano degli studi condotti proprio da Meta, e il fatto che “lì ci sono tutti” non è più un buon motivo per fare finta di niente. Tra l’altro lì ci sono tutti, sì, ma è vero finché non iniziamo ad andarcene. Le nostre piccole scelte individuali non sono ininfluenti, anche perché la libertà, quella vera, è contagiosa. Ora che i social network commerciali hanno gettato la maschera abbiamo un’occasione irripetibile per rivalutare il rapporto che abbiamo con loro. Ci fanno stare bene? Arricchiscono o migliorano le nostre vite? Ci trattano con rispetto?
Già che ci siamo, ricordiamo che anche WhatsApp è di proprietà di Meta. I vostri messaggi sono cifrati e privati (anche se, visto che il codice non è open, non possiamo avere la certezza che lo siano veramente), ma non i vostri metadati. Meta sa a chi scrivete, quanto e dove. I dati che ruba in questo modo si aggiungono a quelli trafugati sui social, andando ad arricchire il prodotto che viene venduto agli inserzionisti. So perfettamente che abbandonare del tutto WhatsApp è molto più difficile che mollare Facebook, e che non può essere fatto da un giorno all’altro. Se però vi interessa tutelare la vostra privacy anche su quel fronte, vi consiglio di cuore di esplorare XMPP. Se volete, vi ospito volentieri sul mio server: cazzinostri.kenobit.it. Chiedetemi tutto quello che volete, in privato!
Chiudo con un ultimo spunto di riflessione.
Immaginate di essere Zuckerberg e di poter decidere come moderare l’ecosistema di Meta. Cosa fareste?
Avete due opzioni.
La prima è non moderare nulla. La presenza di miliardi di persone crea un eccellente terreno di caccia per le truffe, ma anche un luogo ideale per la diffusione di disinformazione volta alla conquista di influenza politica. Inoltre, facendo convivere letteralmente mezzo mondo sotto lo stesso tetto social, in un ambiente reso competitivo e iniquo dalla guerra per i like, è inevitabile trovarsi con una cascata inarrestabile di insulti e atti di bullismo. Senza moderazione, Facebook e Meta sarebbero un inferno per l’utenza (più di ora!) e perderebbero buona parte dei loro inserzionisti.
La seconda è moderare. Sì, ma come? Chi decide cosa è giusto o sbagliato? Anche se i vostri valori sono più nobili di quelli degli attuali oligarchi, moderare ciò che viene scritto su una piattaforma di queste dimensioni significa stabilire arbitrariamente una serie di leggi e farle applicare da una forza di polizia, che in questo caso è rappresentata dall’esercito di moderatori di Meta e dagli algoritmi che analizzano i contenuti. Anche se siete in buona fede e avete le migliori intenzioni, state esercitando un potere verticale su una massa di utenti sconfinata. Le interazioni umane sono fatte di sfumature sottili e voi avete a disposizione solo un pennello gigante.
Lungi da me spezzare lance in favore di Zuckerberg, ma il problema con cui siamo alle prese è più a monte. Avere miliardi di utenti in un singolo luogo controllato da un’autorità centrale è una ricetta per il disastro e non è sostenibile a lungo termine, anche se al timone c’è una figura illuminata e dal cuore puro. Questi annunci sulla moderazione, oltre a scattare una perfetta istantanea del letamaio politico in cui ci troviamo, sottolineano il problema della centralizzazione delle piattaforme social.
Non ho verità assolute da offrirvi, ma sono convinto che il futuro non possa che passare dalla decentralizzazione e dalla riorganizzazione del potere nella maniera più orizzontale possibile. Mi rendo conto che sono un disco rotto, ma... venite a scoprire il Fediverso, se non l’avete già fatto. Se non lo conoscete o volete saperne di più, ho recentemente scritto una breve guida introduttiva su Warp, la fanzine di Livello Segreto.
Abbasso gli imperi. Abbasso gli imperatori. Riprendiamoci tutto.
Buona Settimana Sovversiva!
Kenobit
In questi primi giorni dell’anno sto lavorando alacremente alla programmazione di Tele Kenobit, il mio canale di streaming indipendente e decentralizzato. Lunedì prossimo inizierà la seconda stagione di trasmissioni, con un po’ di sorprese.
La grande novità è che KenoMATTINA, la trasmissione che per anni ho fatto su Twitch, sarà disponibile anche su tele.kenobit.it, dove potrete seguirla senza pubblicità e in un ambiente rispettoso della vostra privacy (nonché integrato con il Fediverso). Dal lunedì al venerdì, alle 8:30, vi aspetto per fare due chiacchiere, ascoltare musica e videogiocare un po’. L’obiettivo, come sempre, è ridurre la vostra produttività!
Torneranno anche i lunedì di Nuovo Baretto Utopia, mentre i martedì saranno impreziositi dalla seconda stagione di Jonathan Dimensione AESTHETICA, un approfondimento sulla storia dell’arte diretto dal Dottor Pira e da Michele Sala. Qui potete trovare i video dell’anno scorso, se siete impazienti.
Ecco le mie prossime date!
18 gennaio - La Colombina, Casatenovo (LC), piazza Don Giovanni Una giornata di mostre, dibattiti, workshop, proiezioni e musica a benefit della Palestina.
15 febbraio - Circolo Ribalta, Vignola (MO) Porterò dalle amiche del collettivo Micelio la mia combo di chiacchiere, fanzine e musica a 8 bit.